I Vantaggi Economici della DECOLONIZZAZIONE del POPOLO VENETO

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I Vantaggi Economici della DECOLONIZZAZIONE del POPOLO VENETO

 

Con 20 miliardi a disposizione in più l’Irpef può arrivare al 20% e l’Iva al 15%.
Inoltre resterebbero soldi per opere pubbliche e alzare le pensioni.

Di seguito un ottimo articolo sullo scenario economico più probabile dopo una ‘Decolonizzazione del Popolo Veneto‘.
Lo studio economico prende a riferimento solo i territori della attuale Regione Veneto ma i numeri andrebbero integrati con l’aggiunta delle Provincie di Brescia e Bergamo.
Inoltre l’Autore prevede una dinamica controllata di riduzione delle tasse per evitare episodi inflattivi che potrebbero determinare aumenti dei prezzi incontrollati.
E’ importante capire all’atto pratico anche con i numeri i vantaggi economici ed etici che il percorso del CLNV porterebbe al Popolo Veneto e alle nostre famiglie.

Dobbiamo renderci conto di quanto ci costa restare in Italia, per capire perché in giro per l’Europa c’è più benessere.
Siamo così abituati a sentirci dire che le risorse sono insufficienti che sembra impossibile doversi porre un problema del genere.
Ma se il Veneto fosse decolonizzato dall’Italia, cosa cambierebbe?
Proviamo a fare un semplice conto aritmetico.
Sulla carta l’attuale pressione fiscale in Veneto è di 70 miliardi di euro** a confronto con un presunto totale di 50 miliardi in servizi pubblici che dovrebbero tornarci indietro.

Ammettiamo anche che nei primi anni l’amministrazione pubblica veneta sia altrettanto inefficiente di quella romana (e che non ci siano da subito risparmi dovuti ad una riorganizzazione statale).
Come minimo avremmo 20 miliardi di surplus da gestire, o con meno tasse, o con più servizi pubblici.
Venti miliardi è il doppio dell’attuale disponibilità finanziaria della Regione Veneto, ed è probabile che il surplus dello Stato Veneto sia anche molto di più.

Tanto per cominciare avremo l’imbarazzo di non poter abbassare troppo le tasse in fretta per non creare una pressione inflazionistica nella nostra economia. Avremo anche troppe risorse per investire sul nostro sistema sanitario, sulle nostre scuole, e potremo anche permetterci finalmente di dare una pensione dignitosa ai nostri anziani.
Abbassando le entrate fiscali (meno tasse) e alzando la spesa (l’Italia ci lascerebbe in “brache di tela”, e avremo da pagare dottori e maestre) otteniamo un bilancio dei conti pubblici.

Vantaggi economici della decolonizzazione dei territori Veneti
Vantaggi economici della decolonizzazione dei territori Veneti

Riduzione fiscale – La pressione fiscale calerà di circa il 20% (dai 70 miliardi di euro di tasse che ci prende ora lo Stato centrale, a immediatamente 55 miliardi nei primi anni di Decolonizzazione).

A) Le imposte indirette saranno ridotte del 25%.
Questo significa che l’IVA sarà abbassata dall’attuale 22% a un 15%. Come primo impatto è meglio non abbassare di più per attendere che il mercato si adegui (e che ulteriori tagli non vengano compensati da margini più alti dei rivenditori).
Dopo competerà ad ogni Provincia decidere se abbassare o alzare la propria IVA secondo un vero sistema federale. Ma intanto, con una Decolonizzazione del Popolo Veneto tutti i prodotti costeranno immediatamente il 5-7% di meno.

B) I contributi sociali non saranno più prelevati direttamente dal datore di lavoro, ma saranno inclusi nella busta paga (come avviene in Danimarca). Questo significa che un operaio che al netto riceve 1200 euro al mese, e che al lordo di Irpef e di quelli che vengono chiamati “contributi a carico del lavoratore” se ne vedeva 1900 euro al mese, con uno Stato del Popolo Veneto decolonizzato riceverà in busta paga il vero lordo (quello che lui effettivamente vale per il datore di lavoro) di 2500 euro, che comprende anche il 26,5% di contributi aggiuntivi che il lavoratore non vede, ma che lo stato riceve ogni mese a suo nome. I contributi sociali saranno ridotti del 25% e invece di pagare 600 euro il versamento per il nostro operaio scenderà a 450.
Nei prossimi anni tali contributi saranno versati allo Stato Veneto, ma non appena sarà meglio organizzato, ogni lavoratore potrà anche affidare i versamenti per la sua pensione ad una assicurazione previdenziale privata.

C) Come imposte dirette vi sarà all’istante una tassa unica e fissa al 20% (dopo è probabile che saremo costretti ad abbassarla ancora per effetto dell’inevitabile ciclo virtuoso dovuto a questo stimolo economico che ci regalerà ulteriori surplus). Portare le tasse sul reddito al 20% non significa il tracollo delle entrate fiscali. Per effetto della misera distribuzione del reddito in Italia, tanti già ora pagano poco di più. Il nostro operaio del punto precedente probabilmente pagherà ora il 27% di tasse dal suo stipendio. L’impatto totale sarà un -15% sulle casse dello Stato.

In conclusione il nostro operaio si troverà 2500 euro in busta paga e al netto, togliendo 450 euro di contributi sociali e 400 di tasse (al 20%), otterrà una busta netta di 1700 euro. Rispetto ai 1000-1200 di adesso, è un bel 50% in più per andare a far la spesa e pagare pure il 5-7% in meno (per effetto dell’IVA abbassata) su tutto.

Più servizi pubblici – Pur con tutta questa riduzione di tasse al Veneto restano ancora 5 miliardi abbondanti di surplus che potrebbe impiegare per una crescita media dei servizi pubblici del 10%.
E’ pur vero che ci sono tanti sprechi, ma è anche vero che l’Italia ci ha ridotto a servizi pubblici vergognosi.

A. Potremo benissimo permetterci di aumentare immediatamente del 30% la spesa pubblica per la sanità (da 8,1 a 10.6 miliardi).
Per assicurarci che non finiscano nei soliti appalti di dubbia necessità, questo incremento deve essere indirizzato per la maggior parte sul personale: più dottori e infermieri, e pagati decisamente meglio. Non ci rendiamo conto ma a confronto ad altri stati industrializzati i nostri dottori e infermieri vengono pagati molto di meno.

B. Abbiamo il dovere di investire pesantemente nell’istruzione.
Minimo un 30% in più per scuole ed università (da 3,9 a 5,1 miliardi). Uscendo da un sistema retrogrado, investire immediatamente 1,2 miliardi in più sulle nostre scuole è obbligatorio. Non solo per lo stipendio delle nostre maestre e professori delle scuole medie e superiori, ma anche per incentivare la ricerca nelle nostre università, che deve servire da supporto per le nostre industrie. Al momento siamo molto arretrati negli investimenti in ricerca e sviluppo, ma davvero tanto: ultimi in Europa.

C. 30% di fondi in più per la viabilità.
400 milioni in più per strade, treni e aeroporti non sono neanche troppi. Fondamentale che tale danaro non venga gestito a livello centrale, ma sia amministrato direttamente dai comuni. Questo per evitare appalti di opere faraoniche, quando invece abbiamo necessità di manutenzione (dare una mano di bianco alle strisce pedonali, chiudere i buchi sull’asfalto…) su tutto il territorio.

D. Anche con tutti questi miliardi spesi in più, ci resta abbastanza per alzare comodamente la pensione dei nostri anziani di un 5% (da 21,1 a 22,2 miliardi per la previdenza).
Nel complesso un pensionato disporrà di una pensione più alta del 5% e dei prezzi di mercato più bassi del 5% (effetto riduzione IVA). Un bel 10% di benessere in più per passare una vecchiaia serena, e consolarsi per le perdite sui BOT italiani che molti si saranno purtroppo ostinati a tenere fino all’ultimo.

Anche tenendo conto delle riduzioni di tasse e questo generoso aumento di spesa pubblica, il bilancio veneto resta in surplus di 159 milioni, pressapoco lo 0,1% del PIL veneto.

Fonte: Lodovico Pizzati*

*Docente di business statistics alla California State University di Los Angeles.
**Dati economici basati sugli anni 2008/2010

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